Arte e architettura
Il complesso monumentale della Scuola Grande San Giovanni Evangelista è il risultato di un avvicendarsi secolare di interventi architettonici e decorativi che, a partire da una prima limitata fabbrica della metà del Trecento, andò gradualmente ampliandosi con l’accrescersi dell’importanza devozionale ed economica della Scuola. Un primo rifacimento seguì l’acquisizione, nel 1369, della prestigiosa Reliquia della Croce, mentre nel corso del Quattrocento, in un edificio ampliato, si inseriscono l’intervento esterno di Pietro Lombardo e quello dello Scalone, nobile accesso alla Sala Capitolare, di Mauro Codussi, massimi architetti del protorinascimento veneziano. Della fine del secolo è il grandioso ciclo di teleri con i Miracoli della Croce di Vittore Carpaccio, Gentile Bellini e altri artisti, che abbelliva l’apparato decorativo dell’Oratorio della Croce; della metà del Cinquecento è la tela di Tiziano per il soffitto della Sala dell’Albergo, opere purtroppo non più presenti nella Scuola. Le ultime importanti modifiche architettoniche nella Sala Capitolare e nei prolungamenti est e ovest, sono realizzate da Giorgio Massari nella prima metà del Settecento.
Campiello della Scuola
Il campiello mantiene le dimensioni e collocazione della corte medievale da cui trae origine e presenta un’elegante pavimentazione del 1759. Vi si affacciano diversi stabili di epoche e stili eterogenei che compongono il complesso Badoer (la famiglia patrizia la cui ospitalità e patrocino furono determinanti per lo sviluppo della Scuola), la Chiesa dedicata a San Giovanni, l’antico cimitero e la transenna marmorea. Sulla fiancata dell’edificio della Scuola, di aspetto prevalentemente medievale, si notano: un rilievo recante i confratelli inginocchiati e la sottostante epigrafe, relativi alla fabbrica trecentesca e le finestre tardogotiche della ricostruzione quattrocentesca. Si noti anche la targa recante il livello raggiunto dall’acqua in occasione dell’alluvione che colpì Venezia il 4 novembre 1966. Sulla facciata di fondo del campiello (lato ovest), l’insieme proto rinascimentale della bifora (1512) e il portale d’ingresso alla Sala delle Colonne, attribuito a Gentile Bellini.

Septo marmoreo
La transenna marmorea di Pietro Lombardo (1478-1481), misuratissima composizione architettonica, è un capolavoro della scultura rinascimentale veneziana, in cui sono presenti in grande evidenza i simboli della Scuola e del suo patrono (la croce, l’aquila e i libri). Essa definisce il piccolo appartato spazio urbano entro il quale, a sinistra, si trova la chiesa dedicata a San Giovanni e, sulla destra, l’edificio della Scuola.

Atrio
Il primo accogliente ambiente è un ampio atrio appartenente alla rinnovata fabbrica del XV secolo di cui rimane testimonianza nel soffitto con travi scoperte e decorazione perimetrale a tortiglione.
È uno spazio di passaggio che consente di accedere alle diverse aree funzionali della Scuola. Si noti l’importante portale verso lo Scalone, incorniciato da due pilastri scanalati su cui poggia il bellissimo architrave niellato. Alle pareti sono documentate, sulla sinistra, alcune testimonianze delle vicissitudini dell’edificio in epoca moderna, mentre a destra si noti invece l’iscrizione che annuncia in volgare veneziano l’inizio del “lavorier”ovvero della ristrutturazione dei locali, a partire dal 1349. L’evento e i nomi dei protagonisti sono fissati sulla pietra in un cartiglio srotolato da due figure di confratelli inginocchiati. Estraneo alla Scuola invece, è il bassorilievo con la Resurrezione attribuito alla bottega di Antonio Rizzo (secolo XV).

Sala delle Colonne
La Sala delle Colonne è un vasto ambiente, destinato all’accoglienza di confratelli e pellegrini, che conserva l’aspetto medievale dell’edificio quattrocentesco. Le cinque colonne in pietra, con basamento ribassato e decorate sulla sommità da capitelli a becco di civetta con la figura di un confratello in cappa e il pastorale di San Giovanni (datati 1350 circa), sostengono la lunga trave rompitratta su cui poggiano le travi scoperte del solaio. Le severe pareti sono movimentate da diverse aperture, tra cui il rinascimentale portale verso il campiello, la porta d’acqua e il portale, uguale a quello dell’atrio, che introduce alla rampa est dello Scalone. All’interno della campata dello Scalone è ricavata la piccola cappella dei Morti.
La sala, restaurata e resa impermeabile all’acqua alta dopo la grande inondazione del 1966, è stata allestita con l’esposizione di interessanti materiali lapidei, per la maggior parte non appartenenti alla Scuola.

Scalone monumentale
Dall’Atrio e dalla Sala delle Colonne, i due ampi portali rinascimentali danno accesso alle due rampe del solenne Scalone, gioiello della Scuola San Giovanni, capolavoro che il bergamasco Mauro Codussi realizzò nel 1498: straordinaria l’abilità del Codussi, ricordato negli elenchi dei confratelli come il “Moro murer”, nello sfruttare il poco spazio consentitogli dalla prossimità con il rio di San Giovanni, ben visibile dal vano di accesso dalla Sala delle Colonne.
La carenza di spazio venne risolta dall’architetto aggiungendo uno spazio illusorio a quello reale. Tale effetto è stato raggiunto allargando le pareti interne delle scale verso l’alto (i gradini alla sommità sono circa cm.70 più larghi che alla base).
In questo modo le linee prospettiche delle rampe creano l’illusione di una profondità maggiore di quella effettiva.
Ad aggiungere forza a questa percezione deformata vi sono anche altri elementi: i due vani coperti da cupolette cieche alla partenza delle rampe, i piani che ne interrompono la corsa, le finestre laterali che scandiscono l’ascesa, gli archetti su capitelli pensili che segnano la copertura a botte del soffitto.
Sulla sommità delle due rampe il Codussi, riuscendo a creare una raffinata anticamera per il salone principale, ampliò l’angusto spazio utilizzabile coprendolo con la piccola ed elegante cupola cieca che poggia su un tamburo decorato a niello, aprendo altresì quattro grandi arcate, abbellite da elementi del repertorio decorativo della Rinascenza, due verso le scale, una di ingresso al salone e una a coronamento della grande bifora con archi a tutto sesto e occhio centrale, autentico “marchio di fabbrica” degli edifici del Codussi.

Salone San Giovanni (Sala Capitolare)
Intervenendo nella vecchia sala quattrocentesca, destinata ad accogliere l’assemblea generalde dei confratelli, sotto la direzione di Giorgio Massari, tra il 1727 e il 1762, si realizzò questo ambiente di grande effetto, elegante e luminoso.
Il precedente soffitto ligneo, decorato in oro e azzurro, fu alzato di cinque metri; furono poi aperte le dodici grandi finestre ovali che, catturando la luce al di sopra dei tetti circostanti, la fanno scendere a fasci verso il pavimento, capolavoro assoluto di marmi colorati in bianco, rosso e nero che si intrecciano in forme geometriche ovali e a stella, scandite in tre grandi rosoni racchiusi da un nastro bicolore, motivo che decora anche le coeve panche lignee addossate alle pareti.
Sulla parete di fondo l’altare dedicato al santo titolare, che sostituisce il precedente in legno, è opera di ragguardevole mole, in marmi chiari con venature grigie, disegnato dal Massari nel 1728. Al centro, la nicchia ospita la statua di Giovanni Maria Morlaiter (1732-1733), che raffigura San Giovanni Evangelista, nell’atto di scrivere il suo vangelo, affiancato dall’aquila e da un angioletto, simbolo dell’ispirazione divina.
La maggior parte delle tele alle pareti racconta episodi della vita di San Giovanni Evangelista secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, mentre sul soffitto è disposto un settecentesco ciclo di scene tratte dal libro dell’Apocalisse, altra opera scritta dall’autore del quarto Vangelo. Fra i dipinti più significativi del soffitto i due comparti angolari di Giandomenico Tiepolo.

Sala degli Stucchi
La Cancelleria, realizzata nel 1757, in appoggio alla Sala Capitolare, è un ambiente riservato e luminoso, con tre porte e tre monofore. Decorata integralmente con eleganti stucchi eseguiti dai maestri ticinesi Antonio Adami e Francesco Re, mantiene l’incanto del Settecento veneziano. Sulle pareti e sul soffitto figure e ornati bianchi si intrecciano su fondi dalle delicate cromie pastello rosa, grigio-azzurre e verdine, tipiche del rococò veneziano. L’ornato si concentra soprattutto sulle alte guscie (tra la cornice ed il soffitto) dove sono inseriti i quattro angoli e le mezzerie sulle sovrapporte; i soffitti sono caratterizzati da un grande ovato centrale con scenografiche allegorie ispirate al gusto per la spazialità ed i giochi prospettici della grande tradizione pittorica veneziana; completano l’insieme sobrie campiture colorate e incorniciate da fasce con fregi poco aggettanti sulle pareti.
La sala si distingue inoltre per un programma iconografico complessivamente riferito ad un ideale di rettitudine amministrativa. In questa saletta è stata collocata una riproduzione fotografica in scala ridotta del famoso ciclo di teleri sui Miracoli della Croce (1494-1501), già nell’Oratorio della Croce ed ora conservati presso le Gallerie dell’Accademia: Offerta della reliquia alla Scuola di San Giovanni Evangelista (Lazzaro Bastiani), Miracolo al ponte di Rialto (Vittore Carpaccio), Miracolo al ponte di San Lorenzo (Gentile Bellini), Miracolo del mercante Jacopo de’ Salis durante la processione di San Marco (Gentile Bellini), Miracolo di Pietro de’ Ludovici (Gentile Bellini), Miracolo in campo San Lio (Giovanni Mansueti), Miracolo della figlia di Benvegnudo da San Polo (Giovanni Mansueti), Miracolo del figlio di ser Alvise Finetti (Benedetto Rusconi detto Diana).

Oratorio della Croce
In questa elegante cappella, anch’essa modificata nei restauri settecenteschi, è custodito, all’interno del tabernacolo dell’altare, il superbo reliquiario gotico in cristallo di rocca e argento dorato che contiene, nella teca posta sulla sommità, due frammenti della Croce su cui morì Gesù. La reliquia fu donata alla Scuola nel 1369, dal cavaliere francese Philippe de Mezières, Gran Cancelliere dell’ordine di Cipro e Gerusalemme ed ebbe sempre una specialissima devozione da parte dei confratelli.
Interessante la decorazione del soffitto settecentesco: attorno alla tela centrale con il Trionfo della Croce di Francesco Maggiotto (1784-1788) gli stucchi dai delicati colori verde, celeste e rosa pastello sono lumeggiati dalle estese dorature. Nei piccoli tondi azzurri sono presenti i simboli di San Giovanni: l’aquila, il pastorale e il calice col veleno, che secondo i racconti apocrifi il santo avrebbe bevuto senza danno.
Le tele alle pareti, in parte di provenienza esterna, sostituiscono il quattrocentesco ciclo con i Miracoli della Croce, ora alle Gallerie dell’Accademia.

Sala dell’Albergo
Dall’Oratorio della Croce si passa alla Sala dell’Albergo, come veniva chiamata la stanza per le riunioni degli organi di governo della Scuola (Banca e Zonta).
Il piccolo ambiente quadrato, escluso dagli interventi settecenteschi, conserva il suo aspetto severo del Cinquecento, con i dossali lignei alle pareti decorati da semplici intagli geometrici contornati da una superba decorazione.
Le quattro imponenti tele con episodi dell’Apocalisse di Jacopo Palma il Giovane (1581-1582) sono quanto rimane di un programma iconografico della seconda metà del Cinquecento, che aveva il suo inizio sul soffitto, ora spoglio, in una splendida tela di Tiziano con la Visione di San Giovanni a Patmos entro una cornice dorata. Interessante la tavola posta sulla parete destra, una Madonna Platytera e santi, del XIV secolo.

Sala Guarana
A completamento dei lavori del XVIII secolo fu aggiunta un’ulteriore stanza per le attività amministrative della Scuola (vi si accede dalla Sala dell’Albergo, attraverso il pianerottolo). Già designata come Sala dell’Archivio e del Consiglio, è oggi intitolata a Jacopo Guarana, al quale sono attribuiti gli affreschi sul soffitto e sopra le porte. In un’ariosa combinazione con gli stucchi, questi affreschi su listelli di legno (tecnica tipica del tardo Settecento) offrono un’ulteriore variante del gusto decorativo dell’Epoca: dopo gli stucchi “integrali” della Cancelleria e della Sacrestia e la soluzione dell’Oratorio con tele e stucchi, anche questa sala ripropone l’eleganza e la leggerezza delle linee ovali e dei colori chiari. Nell’ampio tondo ad affresco al centro del soffitto, San Giovanni Evangelista nell’atto di scrivere il Vangelo è circondato da tre putti e un angelo oltre all’ aquila. Negli stucchi bianchi su ovali dorati, i simboli della Scuola: dall’ingresso, in senso antiorario, il calice con il serpente, il pastorale, l’aquila con i libri e la croce-reliquiario. Agli angoli, altri quattro ovali bianchi ospitano figure femminili, allegorie delle virtù necessarie a coloro che amministravano la Scuola: la Prudenza con il serpente e lo specchio, la Giustizia con la spada e la bilancia, la Temperanza con il putto che regge il vaso da cui sgorga l’acqua, la Fortezza con un ramoscello e una corona di foglie di quercia, accompagnata da un leone. Sulle tre sovrapporte ad affresco, il Consilium, la Concordia e la Diligentia, identificati dai rispettivi cartigli, completano l’ideale di buon governo che aveva guidato l’antica confraternita attraverso più di cinque secoli.

Sala Verde (biglietteria e bookshop)
La Sala Verde, adiacente all’ingresso principale oggi ospita la biglietteria e bookshop della Scuola. Restaurata agli inizi degli anni Novanta, ha un aspetto nobile ed accogliente grazie alla tonalità del pavimento verde in ardesia ed al soffitto, con la travatura cinquecentesca rimessa in vista. Alle pareti alcune tele, doni di confratelli: Presentazione di Gesù al Tempio, attribuita alla bottega di Palma il Giovane, Ritratto del Guardian Grande Andrea Vendramin e Apparizione dell’Angelo a San Pietro, di autori ignoti.

Chiesa di San Giovanni Evangelista
Inserita in un tessuto di antica formazione urbana, la chiesa venne fondata nel 960 dalla famiglia Badoer, che ne mantenne a lungo la proprietà nonché il diritto esclusivo di sepoltura dei membri della famiglia stessa.
La chiesa fu concessa in uso alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista già dal 1301, per la necessità dei confratelli di officiare i propri riti religiosi in un luogo vicino alla propria sede, a patto di versare allo stesso Casato una quota ed eseguirne gli eventuali lavori di manutenzione, ottenendo tuttavia il privilegio di sepoltura nell’adiacente cimitero.

Nel 1441 la Scuola Grande destinò del denaro per la costruzione di una cappella, che diverrà l’attuale presbiterio con elegante volta a costoloni, impreziosita da una decorazione a racemi.
Gli interventi di fine XVI secolo diedero un ulteriore sviluppo longitudinale est-ovest e l’impronta definitiva alla planimetria della chiesa con l’apertura delle cappelle laterali. Ma fu a partire dal 1758 che furono eseguiti importanti interventi di restauro ad opera di Bernardino Maccaruzzi, proto della Scuola Grande nonché allievo di Giorgio Massari al quale si deve la realizzazione della monumentale struttura della cantoria che ospita l’organo. Quest’ultimo, realizzato dal celebre organaro Giovanni Battista Piaggia, è datato 1760 e conserva ancora intatto l’antico mantice, perfettamente funzionante.
In seguito al decreto napoleonico del 1806 la chiesa venne avocata al demanio dello Stato e verrà riaperta solo nel 1822. Nel 1931 la Chiesa venne concessa in uso perpetuo alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista ed è tuttora consacrata.
Attualmente la Chiesa si presenta a navata unica pressoché quadrata, con soffitto piano e abside poligonale preceduta da presbiterio, oltre il quale rispettivamente a destra e a sinistra sono situate due cappelle minori; il lato sud è caratterizzato dalla presenza di due cappelle maggiori (di San Donato a sinistra e di Lourdes a destra) e dalla sacrestia, accessibile dalla cappella di San Donato.
La parete ovest, opposta a quella dell’abside, è caratterizzata dalla presenza dell’organo e da un portale che immette nell’adiacente ex cimitero (oggi denominato Spazio espositivo Badoer).
Tra le opere delle quali la chiesa venne ad arricchirsi dei secoli si segnalano le più significative:
- rilievo gotico recante due confratelli e il reliquiario (pilastro della parete destra del presbiterio);
- “Crocifissione” di Domenico Tintoretto (parete destra del presbiterio);
- “Incoronazione della Vergine” di Andrea Vicentino (cappella e destra del presbiterio);
- “I tre momenti della Passione” di Lamberto Sustris (nella sacrestia).
FOTO: Cameraphoto Arte (copertina, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12). Laboratorio Fotografico – Università Iuav di Venezia (1, 4)